La liberazione dei tigrotti di carta

di Alberto Bullado.

Uno dei miei primi pensieri alla caduta di Berlusconi, sbirciando su la 7 Antonio Padellaro, direttore del Fatto Quotidiano, che contempla in diretta la fine del Cavaliere, è stato il seguente: bene, e adesso che Lui non c’è più d’ora in poi cosa scriveranno i giornali, soprattutto quelli di “una certa parte”? Che succederà a livello mediatico, ma anche culturale, all’interno di certi ambienti, movimenti e circoli? Berlusconi, croce e delizia di potentissimi e influenti stream mediatici, è venuto meno, quindi è giunto il tempo della svolta. Per certi movimenti questa potrebbe essere l’occasione di muovere i primi passi con le proprie gambe (vedi Popolo Viola), per molti giornali e casse di risonanza politica il momento di compiere scelte molto ardue e rischiose. Il paravento antiberlusconiano ora non ha più ragione d’essere. Certi giornali, con i loro opinion maker e opinion leader (in Italia la differenza è davvero minima se non inesistente) dovranno scegliere da che parte stare ed analizzare (finalmente) la realtà dei fatti per quella che è, rinunciando al filtro antigovernativo. Se prima Berlusconi calamitava la loro attenzione, più per motivi politici che ontologici, ora costoro dovranno, per la prima volta, guardare in faccia alla realtà a 360° e rendersi conto: 1) che la politica italiana dipende, dipendeva e dipenderà sempre e comunque più dall’estero che dagli affari interni malgrado tutte le porcherie che siamo in grado di combinare all’interno dei confini della penisola; 2) in che cosa consiste davvero il postberlusconismo; 3) quali sono state le conseguenze di anni ed anni di retorica antiberlusconiana, anticasta, antitutto, meno che anti-poteri forti, gli stessi che ora hanno in mano le sorti del nostro paese (in barba a qualsiasi principio democratico o costituzionale). Ebbene, la domanda ora è la seguente: questi affilati e sarcastici prosatori avranno ora la faccia tosta di mettersi contro le banche e l’Europa dopo averle implicitamente ed esplicitamente sostenute contro Berlusconi, oppure saranno coerenti con se stessi e continueranno ad mantenere una linea esterofila, europeista, antiberlusconiana (e anti italiana) difendendo l’operato di governi tecnici anche se antidemocratici ed anticostituzionali con alle spalle curricula, speculazioni e crimini di portata globale raggelanti e che approveranno sottotraccia, anche nel nostro paese, leggi e tagli disumani? Entrambe le possibilità potrebbero far perdere credibilità ad una parrocchia di anime mai così folta come negli ultimi tempi, quindi il collasso di un fronte d’opinione edificato mattone su mattone grazie all’assiduo operato di un certo giornalismo e di un’industria culturale immane.


Poniamo che l’Italia si renda veramente conto del baratro raggiunto dalla nostra democrazia, che comprenda le misure di un simile trapasso storico, in tal caso che fine faranno la credibilità di giornali come il Fatto Quotidiano, la Repubblica e L’Unità? I loro grandi sacerdoti/cerimonieri rischierebbero di fare la fine dei fessi o dei “collaborazionisti” (cosa che di fatto sono a tutti gli effetti, da anni, in buona o cattiva fede) o come dicono gli anglossassoni, dei “gate keepers”. Per il momento, così a caldo, sembra che la scelta editoriale intrapresa da questi individui sia quella della “gratitudine” nei confronti dell’Europa e dei poteri forti salutati come liberatori. Come dicevo prima una scelta rischiosa, anzi, piuttosto discutibile che per la prima volta potrebbe mettere in seria discussione la credibilità di un certo giornalismo che ha letteralmente cambiato in modo radicale la cultura mediatica di questo paese, così come il suo linguaggio, il suo assetto mentale e il suo atteggiamento intellettuale. L’unica vera espressione culturale che sia riuscita ad incrinare il sistema antropologico berlusconiano, ma che di fatto non è altro che un prodotto del berlusconismo stesso (i berlusconiani si dividono infatti in due categorie: i berlusconiani e gli antiberlusconiani).


Il Fatto Quotidiano - LiberazionePrendiamo ad esempio il Fatto Quotidiano che se ne esce con una copertina come questa (vedi foto accanto) e che riporta lo stesso senso del discorso delle parole pronunciate dal leader del PD Bersani, quel partito così tanto (e giustamente) disprezzato dai dissacranti articoli di Travaglio & Co, nonché tradizionalmente aderente ai poteri forti come tutta la sinistra europeista[1] italiana: «Questa è una giornata di Liberazione». Quindi le stesse parole, la stessa forma mentis esibite a caratteri cubitali (non fanno eccezione nemmeno le parole del leader del Popolo Viola Gianfranco Mascia, che scrive anch’esso sul quotidiano di Padellaro e Travaglio). Difatti, in tutti questi anni, giornali come il Fatto & Co non sono stati altro che l’emanazione di testate giornalistiche europee ed anglossassoni, a loro volta emanazione dei soliti poteri forti: Times, Economist su tutti, e compagnia bella (Le Monde, El Pais, Der Spiegel, The Guardian, El Mundo, The Washington Post, The Telegraph ecc…), tanto che il Fatto, non solo si è sempre contraddistinto nel dare eco e risonanza alle critiche provenienti da questi pulpiti fomentando nel popolo una sorta di esterofilia provinciale aberrante, ma ha anche più volte tradotto e pubblicato articoli provenienti da quelle stesse testate, come il seguente esempio, un coacervo di deliri nel quale Berlusconi non solo viene additato come unico responsabile della rovina d’Italia ma anche della crisi dell’Euro! Da un punto di vista delle responsabilità i quotidiani di questa risma hanno creato (a tavolino o meno non ha importanza) una condizione psicologica di massa che potesse favorire un trapasso simile al quale stiamo vivendo in queste ore decisive per il nostro paese. Il Fatto Quotidiano (che io prendo a simbolo di molti altri) ci è riuscito alla grande, se è vero, com’è vero, che alla perdita conclamata della sovranità economica e politica del nostro paese, fatto di inaudita gravità, sono seguiti giubili di piazza: una cosa priva di logica mai vista prima d’ora!


Questo la dice lunga sull’importanza e sull’influenza di un dato vento d’opinione e sulla responsabilità sociale che i medesimi giornali hanno avuto nell’offrire, di fatto, il proprio beneplacito ad un golpe finanziario ed economico senza precedenti, peraltro perfettamente prevedibile da anni, mai denunciato, né descritto, né, finora, contestato con la stessa invereconda e sarcastica veemenza riservata a migliaia di puerili lotte di cortile e di ipertrofico gossip giudiziario che alla luce dei fatti ora appaiono come suggestioni spicciole, soprattutto se rapportate alle manovre internazionali che ora coinvolgono, anzi, travolgono l’Italia. Sarà interessante osservare come una data maestranza mediatica possa reggere al passaggio da organo di opposizione a quarto potere affine ad un governo che calpesta qualsiasi principio democratico, costituzionale e morale: praticamente i pilastri che hanno retto per anni la retorica e l’assidua propaganda di questi giornali.

Altro fenomeno da non sottovalutare: l’emergere in un panorama mainstream di temi stra-trattati e stra-abusati dal sottobosco internettiano. Mi riferisco ad una vastissima letteratura, alle volte molto dozzinale e paranoica, che ama trattare di complotti bancari e finanziari, di Goldman Sachs e Rockefeller, di Commissione Trilaterale e Trattato di Lisbona, di signoraggio bancario e Nuovo Ordine Mondiale, di Gruppo Bilderberg e Fondo Monetario Internazionale. E avanti di questo passo. Tutti argomenti che balzano all’onore della cronaca, di punto in bianco e con fare caotico, in nome di un fabbisogno mediatico pressante: è lo stesso pubblico televisivo a volere chiarezza, colpito com’è da una doccia fredda che rischia di disorientarlo. Sarà allo stesso modo curioso vedere come questi organi di stampa tratteranno l’argomento, fino all’altro giorno tabù, e come le autorità della controinformazione del web, che per anni hanno funzionato da casse di risonanza e come uniche piattaforme possibili nelle quali dibattere a proposito di questi temi certamente borderline potranno ritradursi in palcoscenici più istituzionali, con tutte le conseguenze del caso. Ebbene, questo popolo e questa letteratura avranno di che sfogarsi da qui fino a Natale e oltre, scendendo in piazza (magari coinvolgendo gli stessi indignados che nel giorno della “liberazione” avevano gioito per le strade) per manifestare contro i tecnocrati, i plutocrati, gli autocrati dell’alta finanza, dei mercati, delle banche centrali, quei criminali internazionali ai quali nessuno vorrà pagare un debito in realtà inesistente e frutto di un meschino ricatto. Bisognerà effettivamente vedere se il popolo delle piazze avrà la voglia di cambiare bersaglio e se con esso si accoderanno media e politici, aficionados dell’ultima ora, in un ultimo sabba, una danza macabra grottesca sull’orlo del baratro. In tal caso sarà divertente ammirare come si comporteranno i media progressisti di cui sopra. Coloro che in questi giorni di “vittoria” hanno quantomeno scoperto come in Italia non ci sia stato un regime, ma solamente un governicchio laido ed immobile, e che il vero regime, se mai ce n’è uno, sta al di sopra di Berlusconi. E sta di casa a Bruxelles, Parigi, Londra e Berlino: capitali europee nelle quali questi stessi giornali andavano a risciacquare i panni.


[1] Prodi, Ciampi, Amato, D’Alema, Padoa-Schioppa, Letta, Andreatta, Scognamiglio, Dini, Draghi e per finire Napolitano, il grande “iniziatore”, e Mario Monti a “chiudere la pratica”.

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